Museo del Vetro e origine dell'arte veneziana
Il museo
Il Museo del Vetro di Murano venne fondato nel 1861, quando, superato il periodo più oscuro che la storia del vetro muranese ricordi, dopo la caduta della Repubblica di San Marco (1797) e i lunghi anni di dominazioni straniere, Antonio Colleoni (1811-1855), allora sindaco dell’isola, e l’abate Vincenzo Zanetti (1824-1883), cultore di arte vetraria, riuscirono a far approvare in seno alla deputazione comunale il progetto di istituire un archivio nel quale potessero essere raccolte tutte le testimonianze reperibili ai fini di illustrare la storia e la vita dell’isola. Ben presto sull’archivio ebbe il sopravvento la parte museale, in virtù delle numerose donazioni di vetri prodotti nell’isola nei secoli trascorsi, e di vetri contemporanei, da parte dei titolari delle fornaci che, nella seconda metà dell’Ottocento, ricominciarono a lavore con intenso impegno.
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Vincenzo Zanetti, nel 1862, istituì anche una scuola, annessa al Museo, che nei giorni festivi i vetrai frequentavano studiandovi, oltre che disegno,anche i modelli dei vetri soffiati nel passato e ivi conservati.
Dopo l’annessione di Murano al Comune di Venezia, nel 1923, il Museo Vetrario passò a far parte dei Musei Civici di Venezia; le sue collezioni furono, infatti,soggette a un riordinamento, curato nel 1932 sulla base di più moderni criteri espositivi da Giulio Lorenzetti e da Nino Barbantini e furono accresciute dall’aggiunta dei vetri delle collezioni Correr, Cicogna e Molin, che annoverano, tra l’altro, i più bei pezzi rinascimentali del Museo. In seguito i depositi della Soprintendenza archeologica permisero di istituire la sezione archeologica, della quale gli elementi di maggior prestigio sono i vetri provenienti dalla necropoli di Enona (Zara). Anche oggi le collezioni del Museo, oltre che per mezzo di acquisti,vengono incrementate da donazioni da parte delle fornaci dell’isola, che vanno ad arricchire soprattutto la raccolta contemporanea.
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Origini dell’arte del vetro veneziano |
Fino a oggi non è stato possibile stabilire con precisione quando abbia avuto origine l’industria vetraria veneziana. Una delle possibili supposizioni ricollega le sue prime manifestazioni al trasferimento nelle isole dell’estuario di quei Veneti che erano vissuti nei fiorentissimi centri romani della fascia costiera adriatica, da Adria ad Altino, e che colà avevano appreso le tecniche romane della lavorazione del vetro.
Risale al 982 un documento firmato da un certo Domenico che, come attestato dal notaio, aveva esercitato l’attività di “fiolario”, cioè la produzione di vetri cavi soffiati, in particolare bottiglie, appunto “fiole”. Le sole testimonianze della fase arcaica del vetro veneziano sono costituite dai frammenti rinvenuti nel 1961-62, insieme con i resti di una fornace, negli scavi effettuati soprattutto nella “Piazza” di Torcello e dai frammenti restituiti dal sottosuolo di Murano (S. Donato) oltre che dalle acque della laguna. |
Più recentemente, tra il 1992 e il 1993 gli scavi condotti nella Piazza di Malamocco, un piccolo centro del Lido, hanno portato alla luce, assieme a frammenti di ceramica sicuramente databili tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, due bicchieri tronco-conici e una bottiglia a lungo collo e a corpo panciuto databili allo stesso periodo ed esposti in questa sala. Quest’Arte ricevette impulso nel corso dei secoli XII-XIV, dai contatti col Levante, e in particolare con la Siria, l’Egitto e i territori dell’Impero Romano d’Oriente, a seguito di avvenimenti bellici e traffici commerciali.
Certo è che dall’ultimo ventennio del XIII secolo fino circa alla metà del XIV, è documentata a Murano anche un’attività di decorazione a smalto su vetro (Gregorio da Napoli, Bartolomeo da Zara, Donino). Dal XIII secolo poi i vetrai avevano avuto uno statuto, in latino, contenente le norme disciplinari che dovevano regolare l’attività della corporazione; nel 1441 esso venne riformato, redatto in volgare e si chiamò “Mariegola dell’Arte dei verieri de Muran”. Nella “Mariegola” (o Matricola) si davano precise disposizioni riguardanti la disciplina della corporazione in tutte le fasi della sua attività, dalla fabbricazione alla vendita del prodotto, dal pagamento delle tasse alle relazioni tra padroni della fabbrica, i maestri e gli altri lavoratori. |
Il Palazzo
Il palazzo nasce come residenza patrizia nelle tipiche forme del gotico fiorito, di cui resta traccia nella colonna con capitello dell’atrio e nelle finestre della facciata sul cortile. Nel 1689 il vescovo di Torcello, Marco Giustinian, trasferisce qui la sua sede e poi acquista il palazzo per donarlo alla diocesi. Viene allora radicalmente ristrutturato, su progetto dell’architetto Antonio Gaspari. Di quegli anni, al primo piano nobile, resta il soffitto del salone centrale, affrescato da Francesco Zugno (1709-1787), con quadrature (motivi architettonici) di Francesco Zanchi (1734-1772), raffigurante il Trionfo di San Lorenzo Giustiniani, antenato della famiglia e primo patriarca di Venezia. Il palazzo rimane la sede della diocesi di Torcello fino a quando questa viene soppressa, nel 1805; passa allora al Patriarcato di Venezia, che lo vende nel 1840 al Comune di Murano, di cui diventa la sede. Nel 1861 il primo nucleo del museo-archivio dell’isola trova spazio qui, nel salone centrale, estendendosi poi, poco alla volta, a tutto l’edificio. Nel 1923 Murano entra a far parte del Comune di Venezia, che acquisisce quindi anche il palazzo e il museo.